IN VOLO VERSO IL CIELO

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Alessandro Kuris


atleta e allenatore paralimpico

Le protesi

Una premessa è doverosa: la protesi è per sua natura un mezzo “personale” cioè non esiste un allestimento perfettamente uguale ad un altro . Ogni soggetto ha le sue caratteristiche fisiche , il suo portamento, il suo modo di muoversi e ciò si riflette conseguentemente anche sul piano dell’uso sportivo. Non è detto cioè che un certo piede artificiale sia in assoluto il migliore per correre ad esempio i 100 metri : deve essere il migliore per quell’atleta che lo indossa.

C vale soprattutto per gli amputati transfemorali che, dovendo ricorrere ad un ginocchio artificiale, devono trovare, ovviamente con l’aiuto del tecnico ortopedico, la soluzione meccanica e l’assetto migliore per il proprio gesto atletico.
Per quanto riguarda gli amputati sopra il ginocchio con moncone cortissimo o addirittura in presenza di emipelvectomia, l'applicazione della protesi sportiva è davvero problematica in quanto non c'è leva sufficiente per azionare in modo redditizio i meccanismi propri della corsa: in questi casi si consiglia di valutare altre discipline dell'atletica come i lanci oppure il salto in alto senza protesi.
Altra osservazione importante è quella relativa alla necessità di una stretta collaborazione tra allenatore e tecnico ortopedico proprio per ricercare assieme le soluzioni migliori per un più efficace utilizzo della protesi. Essendo queste note destinate principalmente all’allenatore che per la prima volta si avvicina agli atleti amputati di arto inferiore, si tralascia volutamente il dettaglio completo delle protesi e delle componenti disponibili sul mercato proprio perché è materia del tecnico ortopedico.
Nel ricordare che la componente fondamentale di ogni protesi di arto è l’invaso cioè il contenitore del moncone che deve essere perfettamente corrispondente, le altre parti sono selezionate in funzione delle necessità richieste dalla disciplina sportiva prescelta.

A titolo informativo si evidenziano comunque le protesi più frequentemente utilizzate oggi dagli atleti di alto livello con l’indicazione dell’uso più adatto alla specifica disciplina, distinguendo quelle per gli amputati transfemorali e per i transtibiali.

Transfemorali
L'invasatura

Questo tipo è caratterizzato dall’avere oltre l’80% delle pareti flessibili e non più rigide. La struttura è costituita da: un’invasatura a pareti sottili, flessibili, trasparenti, con la sola funzione di contenere e proteggere il moncone; un telaio in fibre di carbonio, laminato, rigido, che sostiene l’invasatura flessibile e funge da struttura portante e resistente dovendo trasmettere i carichi alla struttura della protesi. E' abbinabile a una cuffia per maggior confort e aderenza  ed è dotata di una valvola per creare l'effetto sottovuoto e consentire così maggiore presa.

Il ginocchio

Questo ginocchio è progettato per sopportare l'alta pressione imposta durante il funzionamento. La rotazione  idraulica è stata ottimizzata per lo sport attivo; l’articolazione smorza i movimenti di estensione e flessione alle diverse velocità di corsa.

Il blocco ad azionamento manuale sulla nuova articolazione del ginocchio facilita una posizione sicura che può essere utile durante il riscaldamento e stretching.

Il piede
E' in fibra di carbonio, fatto a forma curvilinea più o meno accentuata a seconda della specialità sportiva, e agisce da vera molla cioè immagazzina energia nella fase di carico e poi la rilascia recando una vigorosa spinta verso avanti. Ha una durezza diversa a seconda del peso dell'atleta e del livello di attività richiesta.

Transtibiali
L'invasatura
E' di tipo rigido, normalmente in fibra di carbonio, ed è a contatto totale con prevalente carico attorno alla rotula e scarico all'apice del moncone. E' obbligatoriamente abbinata ad una cuffia in materiale di diverso tipo (silicone, stirene, uretano ecc.) con o senza  perno di fissaggio distale e valvola d'aria per creare l'effetto sottovuoto.
La scelta adeguata della cuffia deve quindi essere fatta in funzione delle proprie individuali caratteristiche: compattezza dei tessuti, prominenza o meno delle strutture ossee, tipo di pelle e necessità di idratazione, sensibilità del moncone, attività più o meno prolungata e intensa, ecc.
La ginocchiera
Fondamentale è il mezzo di trattenuta della protesi tra la coscia e l'invasatura che altrimenti potrebbe sfilarsi a causa dei forti impulsi e dall'accumulo di calore all'interno della cuffia con conseguente diminuzione del volume del moncone. E' successo qualche volta, soprattutto in gara dove si accentuano le tensioni anche psicologiche,  che qualche atleta abbia perso l'arto durante la corsa con conseguente rovinosa caduta. In presenza di alte temperature si consiglia pertanto di asciugare il moncone prima della partenza o di applicare uno spessore per evitare il predetto sfilamento. Per gli amputati transtibiali, soprattutto con moncone corto, è utile l'applicazione di un piccolo cosciale che però ha lo svantaggio di limitare l'angolo di flessione del ginocchio.
Il piede    
                                   
Tutti i piedi sono di tipo dinamico, con fasi di accumulo e restituzione di energia. Dagli anni Novanta dello scorso secolo sono state decine i  modelli proposti  con sperimentazione di materiali e profili diversi che hanno raggiunto punte altissime di efficienza tanto che si continua anche oggi a dibattere su un presunto doping tecnologico in relazione al loro utilizzo anche in gare con atleti fisicamente integri.
Poichè è proprio sul piede che si concentra la maggior ricerca delle aziende ortopediche per lo sviluppo della prestazione sportiva è successo che ciò ha portato benefici anche alla protesica "di tutti i giorni"; le grandi sollecitazioni meccaniche a cui i piedi da gara sono sottoposti costituiscono infatti  i migliori test per la progettazione dei piedi da cammino che oggi sono assolutamente robusti, leggeri, confortevoli e versatili, migliorando di fatto la vita quotidiana degli amputati di arto inferiore.
Amputati bilaterali transtibiali
Atleti con amputazione sotto il ginocchio su entrambi gli arti sono diventati di fatto i più veloci amputati delle gare dei 200 e 400 metri e anche sui 100 metri ormai sono al livello dei monoamputati.
Il motivo è riconducibile alla migliore capacità di ripartire le forze scaricate sul terreno, la più facile coordinazione motoria avendo minori necessità di movimenti compensatori rispetto al monopodalico e il conseguente minore dispendio energetico.
Amputati bilaterali transfemorali
Fino a pochi anni fa era rarissimo vedere sulle piste  atleti con tali caratteristiche: il progresso tecnologico ha consentito anche ad essi di competere con risultati talvolta sorprendenti.
Normalmente nella corsa rinunciano all'articolazione del ginocchio sfruttando esclusivamente il rimbalzo sulle lame mediante un accentuato movimento rotatorio delle anche.
Unica eccezione è la primatista mondiale di salto in lungo che gareggia anche nella corsa con protesi dotate di articolazione del ginocchio: questo per una sua precisa scelta di "fair play" poichè ritiene l'altro sistema un artificio non confrontabile con quello che è il naturale movimento umano.
Esiste una precisa normativa che regola l'altezza delle protesi per bilaterali, vedi a questo link
La protesi per lo sprint
Per lo sprint si utilizzano lame a forma di J la cui curva è più o meno accentuata a seconda del modello. Sono estremamente performanti e richiedono un certo periodo di adattamento per gestire i grandi impulsi. L'allenatore e il tecnico ortopedico consigliano tempi e modalità per la scelta della lamina in relazione all'evoluzione fisica e atletica dell'atleta. Questi attrezzi sono soggetti ad usura nel corso del tempo e vanno periodicamente sostituiti a causa della progressiva perdita della proprietà elastica.


La protesi per distanze lunghe

Per le competizioni di mezzofondo e fondo si possono utilizzare alcuni piedi per lo sprint ma con grado di rigidezza molto inferiore.
Ci sono comunque  lame specifiche con curva ancora più stretta che meglio aiutano, nella compressione della molla, l'ammortizzazione al suolo e rendono più rotondo il passaggio dalla fase di appoggio a quella di spinta.
Ci sono atleti capaci di correre, con tali lame, persino la maratona.
La protesi per i salti
Poichè la quasi totalità dei saltatori in lungo stacca con l'arto artificiale, le protesi  devono possedere caratteristiche di restituzione di energia superiori a quelli utilizzati nelle corse: ciò è ottenuto, fondamentalmente, mediante l’utilizzo di lamine con maggior grado di rigidità e un assetto particolarmente personalizzato. Tuttavia l’elevato grado di rigidità della lamina, potrebbe essere traumatico per l’atleta, a causa dei notevoli contraccolpi subiti durante l’azione di stacco, particolarmente in zona lombare. Si consiglia pertanto di iniziare con lame di giusta rigidezza per poi passare a quelle più dure una volta adeguatamente preparati muscolarmente.
Nel salto in alto si stacca invece con l'arto naturale e pertanto la scelta del piede è correlata alla velocità con la quale si vuole effettuare la rincorsa e alla necesaria stabilità negli appoggi.


La protesi per i lanci

Nelle specialità dei lanci, la scelta della protesi è in relazione al tipo di amputazione e di rincorsa (o traslocazione) che viene effettuata.
Nel getto del peso e nel lancio del disco è sufficiente utilizzare un piede a bassa restituzione d'energia ma che assicuri la migliori condizioni di equilibrio.
Nel tiro del giavellotto, dove la componente dinamica è più accentuata, è consigliabile l'utilizzo di piedi a elevata capacità di restituzione elastica.  
In ogni disciplina di lancio è necessario adottare anche tutti gli accorgimenti utili per favorire le migliori condizioni di equilibrio, presupposto necessario per una corretta esecuzione sia della traslocazione (rettilinea o rotatoria) e sia della posizione “finale” di lancio: tali elementi risultano fondamentali per l’ottenimento della massima prestazione.

Dall'esperienza di atleta a quella di allenatore della nazionale italiana. La strada per il successo con la passione e l'impegno