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IN VOLO VERSO IL CIELO

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Alessandro Kuris

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Storia

Gli inizi

Rispetto alla storia olimpica, quella relativa allo sport per persone con disabilità è molto più recente e si sviluppa anche piuttosto lentamente, compressa da pregiudizi e  indifferenza. Dovranno passare molti anni e una progressiva diversa percezione del concetto di diversità per approdare alla fine ad una condizione e considerazione paritaria.
Il movimento dello sport per persone disabili nacque come noto su iniziativa di sir Ludwig Guttmann, un aristocratico inglese che fondò a Stoke Mandeville, nei pressi di Londra, un centro di riabilitazione per i lesionati midollari reduci di guerra e qui organizzò i primi giochi sportivi.

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I primi Giochi per amputati

Nel 1960, in concomitanza delle Olimpiadi, si disputarono a Roma i primi Giochi per disabili ma appena nel 1976, a Toronto, questa manifestazione si aprì ad altre tipologie di handicap come quella degli amputati. Il livello tecnologico delle protesi di allora non consentiva agli atleti di correre e saltare in maniera produttiva tanto che molti partecipanti correvano e saltavano su un solo arto. Una rudimentale protesi da cammino era invece sufficiente per assicurare un buon livello prestazionale alle discipline di lancio.

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Il grande salto

L’evoluzione tecnologica delle protesi negli anni seguenti fu piuttosto modesta e di conseguenza piuttosto lento fu il progresso delle prestazioni degli atleti nelle predette discipline : i risultati eclatanti furono quelli ottenuti da atleti che saltavano senza ausilio di protesi come il canadese Arnoldt Boldt, capace nel 1981 di valicare l’asticella del salto in alto a quota 2,04 m. all’aperto e 2,08 m. indoor. Per dare un termine di paragone (anche se evidentemente forzato), al tempo il record mondiale femminile di Sara Simeoni era di m. 2,01. Questo prodigioso salto, avvenuto nella storica cornice dello stadio dei Marmi di Roma ebbe un grande risalto internazionale.

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Il piè veloce

Questa impresa fece riflettere al mondo su quanto labile fosse il confine tra il concetto di abilità e quello di disabilità, obbligando a valutare la prestazione sportiva per quella che è, depurata da ogni pregiudizio e svincolata da atteggiamenti di tipo pietistico. La vera svolta avvenne tuttavia alle Paraolimpiadi Seul nel 1988 dove apparve per la prima volta sul grande palcoscenico sportivo il primo piede dinamico, un arto progettato con la funzione non solo di mero appoggio come era prima, ma anche di impulso vero e proprio.

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La molla

Si trattava in sostanza di una molla che si comprimeva col carico dell’atleta e liberava energia verso avanti : l’unico atleta che indossava questa protesi era lo statunitense Dennis Ohler che difatti sbriciolò i precedenti record mondiali dei 100 200 e 400 metri per amputati sotto il ginocchio. Il nuovo tipo di protesi si diffuse in breve in tutto il mondo anche grazie al fatto che era molto versatile, utilizzabile anche per l’uso non agonistico e in qualunque situazione della vita quotidiana. Nel 1995 apparirà la prima cuffia in uretano, un materiale  che aderendo come un guanto sul moncone evita i movimenti di stiramento della cute e nel contempo protegge adeguatamente i segmenti ossei.

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L' atleta bionico

Le Paralimpiadi del 1992 a Barcellona portarono alla ribalta il fenomeno americano Tony Volpentest, privo dei piedi e delle mani eppure capace di correre i 100 metri in 11”63 e i 200 in 23”07 grazie a piedi di nuovo profilo, specifici per lo sprint. Con tali ausili Volpentest si migliorò ulteriormente quattro anni dopo ad Atlanta ma al suo fianco emersero nuovi forti atleti che resero le finali olimpiche un vero e proprio spettacolo. Dal 1996 si può affermare che grazie alle nuove tecnologie gli atleti hanno concretamente la possibilità di cimentarsi con successo in tutte le gare di corsa e salto con prestazioni sempre più vicine a quelle degli atleti normodotati.

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Il fenomeno Pistorius

Avevo già conosciuto a Barcellona 1992 il forte atleta americano che correva con due protesi ma ciò che vidi un giorno al campo di riscaldamento durante la Paralimpiadi di Atene mi lasciò alquanto stupefatto: c'era un giovanissimo biondino riccioluto con l'apparecchio per i denti e con due protesi sotto le ginocchia che stava facendo degli allunghi a velocità impressionante. Fu il primo di una lunga serie di gare e di miei contatti col più celebre paralimpico del mondo, colui che effettivamente cambiò la percezione popolare della disabilità facendola apparire un' abilità cioè la capacità di sfruttare al massimo ciò che si possiede. Il concetto che si può trasferire dalle qualità  fisiche a quelle psicologiche. Nessuno lo avrebbe immaginato allora ma quell'imberbe ragazzino diverrà con gli anni il punto di riferimento e di ispirazione per milioni di ragazzi, con o senza disabilità.

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Dall'esperienza di atleta a quella di allenatore della nazionale italiana. La strada per il successo con la passione e l'impegno

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